Giochi da adolescenti – parte II

feet05Ben presto i ruoli si invertirono: ora Alessandra era la moglie di Valeria, pertanto poteva godere di speciali privilegi, fra i quali un uso personale del loro schiavetto. Vinta la timidezza, si era calata appieno nel ruolo.

Dire che si vendicò e si rivalse di tutto quello che le era stato fatto sarebbe poco: restituì a Daniele tutta la furia con la quale le si era avventato con gli interessi. Oltre a divertirsi ad impartirgli compiti inutili (e spesso a fare qualcosa per poi disfarla lei stessa), si divertì a tormentarlo di continuo e senza riguardo alcuno. Schiaffi e calci continui, insulti, sputi in faccia erano di routine. Spettava lui il compito di prendersi cura dei piedi di Alessandra, pulirli, massaggiarli, leccarli e spalmarli di crema: passava ore inginocchiato in fondo al letto a leccare quei gioielli, dalle dita lunghe e sottili e dalla fragranza tutta particolare. Ogni sera lo legava all’armadio e lo frustava, rendendogli il doppio delle sferzate che lei stessa aveva ricevuto. Tutto ciò le dava una soddisfazione ed una sicurezza di sé che mai aveva provato.

Ovviamente tutto questo strazio e queste angherie il ragazzo le poteva sopportare soltanto grazie all’amore e alla venerazione che provava per lei, che era molto diversa dalla sottomissione esclusivamente sessuale con la quale si offriva a Valeria. Ciò che più lo gratificava era vedere il sorrisino di soddisfazione e di goduria accennarsi sul volto della sua dea, sentire quella risatina acuta che faceva da cornice ad ogni suo ordine.

Non vedeva l’ora che arrivasse la sera: a quel punto era infatti forzato ad assistere alle effusioni amorose che le due si scambiavano sensualmente sul divano (Alessandra vi si sottoponeva malvolentieri, ma era il prezzo da pagare per i privilegi che le erano concessi). Mentre si baciavano, si carezzavano, si scaldavano e leccavano a vicenda il povero Daniele era costretto a guardarle in ginocchio, nudo, col divieto assoluto di toccarsi. Pian piano arrivarono anche ad avere un rapporto sessuale: Alessandra venne penetrata da Valeria con un grosso dildo rosso, mentre ansimava e mugolava, contorcendosi dal piacere fino ad allora mai provato: alla fine Daniele procedette, oltre che a ripulire il sesso delle sue padrone, anche a succhiare il dildo usato. Attimi di terrore quando Valeria ebbe l’idea, per fortuna non portata a termine, di penetrare anche il ragazzo analmente.

Quel lusso e quell’atmosfera di gaudio terminarono, non diversamente da come erano iniziati, ad uno schioccare di dita di Valeria. Ora erano tutti e due suoi schiavetti.

“Stasera viene una nostra amica. Scoprirete dopo chi è! Ihihihihih. Mi raccomando, non fatemi fare brutte figure!”

I due, terrorizzati, scoprirono che si trattava di Letizia: carina di volto, castana, un po’ larga di fianchi ma attraente nel complesso. Rimase sorpresa nel vedersi due dei suoi compagni di scuola inginocchiati ai suoi piedi. Valeria le disse: “Guardali, te lo saresti mai immaginato? Sono i miei schiavetti ora, pronti a fare quello che voglio. Ora sono anche i tuoi, puoi divertirti quanto vuoi con loro ihihihi”

Vinto lo stupore e anche un certo imbarazzo iniziale, Letizia disse: “quella stupida cagnetta tanto non serve a molto, è una sfigata, non se la incula nessuno e va anche male a scuola. Quell’altro poi, fa tanto il superiore, e poi eccotelo qui” – disse, dandogli un calcio deciso su un fianco, facendolo piegare. Scoppiarono a ridere. Forse Letizia si ricordava che, non molti anni prima, Daniele aveva provato a sedurla, senza successo, risultando goffo, impacciato e alla fine anche fastidioso al punto da farsi detestare.

“Avanti, baciami le scarpe, frocio!”. Riluttante, il ragazzo si avvicinò, sotto il costante sguardo severo di entrambe le ragazze, alle scarpe di Letizia, sporche e impolverate, e le baciò, mentre la ragazza sollevava ed abbassava la punta del piede in segno di superiorità e impazienza. Fatta questa operazione, lo colpì in pieno volto con un calcio. “Se lo merita, non è buono nemmeno a baciarmi i piedi!”, e le due risero di pancia.

Letizia si tolse le scarpe da ginnastica bianche: i suoi piedi puzzavano, anche a causa della corsa che aveva fatto per non perdere l’autobus. Alessandra, mugolante, era appesa alle maniglie della porta, accanto all’albero di natale. Le lucine rosse e verdi si riflettevano su quel corpo biancastro, scosso da brividi, facendo rilucere l’arcata della schiena.

“Te li saresti immaginati questi due così!” disse Valeria, con un sorriso di soddisfazione.

“Ma pensa! Io che quando li vedo la mattina a scuola, no, non ci posso ancora credere!” rispose Letizia.

“Non hai ancora visto niente! Adesso vedrai!”

Piedi Alessandra 2Letizia diede un’occhiataccia a Daniele, il quale, inginocchiato alla destra del divano, a testa bassa stava baciando e leccando le scarpe di Letizia, rosso di vergogna. Si sentiva infiammare dalle ondate di eccitazione e di umiliazione, che sembravano fare eco alle vampate di odore che provenivano da quelle scarpe. “Schifoso che non sei altro, mi fai vomitare…”

Per ordine di Valeria, il ragazzo si stese ai loro piedi; si sentì schiacciare la testa dai caldi calzini di spugna di Letizia, che iniziarono ad essere strofinati, costringendolo ad assecondarli con il movimento della testa; intanto Valeria premeva con gli stivali sulle cosce, ridacchiando.

Le due avevano iniziato a lanciare piccoli oggetti contro Alessandra, la quale ogni volta soprassaliva, vuoi per il dolore, vuoi per lo spavento: a denti stretti, sperava che sarebbe finita presto.

Le due si erano stufate, ed ora Alessandra, rivestitasi, era in ginocchio accanto a Letizia con un vassoio. Daniele, nudo come un verme, era di fronte alle ragazze, eccitato.

“Cioè, roba da non credere. Ma ti rendi conto che questo si arrapa con la puzza dei miei piedi?”

“I maschi fanno veramente schifo a volte…ihihihihihihi”

Letizia allora si fece togliere i calzini con la bocca, li arrotolò e li infilò in bocca ad Alessandra, dandole un colpetto sulla guancia.

“Leccameli, avanti, pulisci bene!”

Daniele iniziò a nettare i piedi di Letizia con la lingua, dai talloni, su per le piante, fino alle dita: la sua bocca si riempì rapidamente di un sapore salino e acidognolo. Poi iniziò un lavoro certosino di pulizia fra le dita, succhiandole una ad una, ed ingoiando i pelucchi che i calzini avevano lasciato. Il tutto fra le risatine e lo scherno delle ragazze. Ora la sua reputazione era compromessa definitivamente: Letizia, che lo aveva fotografato col cellulare, lo avrebbe sputtanato per tutto il paese senza pietà.

L’attenzione di Valeria tornò a concentrarsi su Alessandra, in evidente stato di sofferenza a causa del freddo. La vedeva scossa da brividi, con la pelle d’oca e con difficoltà a respirare, a causa del calzino. Si avvicinò, la carezzò, e le sfilò il calzino di bocca, e, tenendolo con la punta delle unghie, lo lanciò addosso a Daniele. Continuò ad accarezzare il corpo della ragazza, dandole dei colpetti sulle natiche e dei pizzicotti sui capezzoli, con fare beffardo. “Valeria, posso andare al bagno”, disse, mugolante e con le lacrime agli occhi: era più di re quarti d’ora che era legata, e per di più aveva bevuto molto. “Piccina mia, ma non c’è bisogno di andare il bagno, sarà il bagno a venire da te!” disse Valeria, guardando Letizia e ridendo con essa. Le due fissarono severe Daniele, poi Letizia lo spronò con un calcio. “Tesoro, sai quello che devi fare, vero? O vuoi che la tua Alessandra la trattenga ancora per molto?”, disse Valeria. Era troppo, non aveva mai costretto il ragazzo ad un gesto così umiliante: la guardò prima con aria supplichevole, provando poi a protestare “Padrona, ti prego, questo no! Ti scongiuro, non mi puoi chiedere di fare questo!”. Valeria si avvicinò, gli mise la mano sul mento e si pose faccia a faccia con lui: “C’è sempre una prima volta, caro! A cosa vuoi che serva la tua bocca, altrimenti? Ti ho solo chiesto di diventare il cesso del tuo amore Alessandra! Non mi dire che le vuoi negare questo servizio! Questo sì che è un gesto d’amore!”.

Risero entrambe, e Letizia gli assestò un calcio nel sedere, per farlo avvicinare ad Alessandra. Daniele le guardò con la rabbia negli occhi, ma l’eccitazione era più forte dell’umiliazione, più forte del disgusto che provava all’idea di bere dell’urina. Si andò a sistemare, in ginocchio, sotto il sesso della schiavetta, osservando la delicata peluria castana: spalancò la bocca, ed attese. L’orina non arrivava.

Alessandra, vuoi per il freddo, vuoi per il disagio, vuoi per l’imbarazzo, non riusciva a liberarsi di quel peso che gravava sulla sua vescica: guardava il soffitto, tremolante e con le lacrime agli occhi. Le si avvicinarono le altre due ragazze. Valeria la carezzò sulla schiena in maniera sensuale (di una sensualità che però sottendeva beffa e sarcasmo), percorrendo tutto il suo corpo, le natiche, le cosce, la pancia, strusciandosi anche addosso, per poi sussurrarle all’orecchio: “Tesoro, rilassati, coraggio”, stampandole un bacio sul collo, “devi solo rilassarti, non pensare a niente, dai, dai….”. Letizia, dal canto suo, si limitava ad osservarla, con uno sguardo fermo e deridente. Dopo un po’, Alessandra iniziò ad orinare, dapprima a getti intermittenti (che andarono a bagnare il busto e il viso di Daniele), poi con un flusso prolungato e continuo di nettare bianco-giallastro, che andò a riempire la bocca del ragazzo.

Daniele sentì una vampata di calore in bocca e sul viso, accompagnata dal sapore acre del liquido che andava a riempirgli la bocca. Si sforzò di deglutire (fu difficilissimo), per evitare che il liquido tracimasse. Bevve tutto, con una fatica non indifferente. Alla fine, rimase trafelato. Le due nel frattempo erano in preda a fragorose risate, miste a insulti che non si riuscivano a comprendere. “E bravi i miei due cucciolotti!” disse Valeria. Poi fu il turno di Letizia, che, con un calcio dato con il dorso del suo piede (portava un 39), richiamò l’attenzione dello schiavo. “Non vedi che si è sporcata tutta, qui, è schizzata anche sul pavimento!Finisci di pulirla!”. Di fronte allo stordimento e all’esitazione di questo, gli diede un calcio sui testicoli, che lo fece piegare e urlare di dolore, un urlo soffocato dalla difficoltà di respirare! “MUOVITI!”. Spaventato dall’imminente arrivo di un altro colpo, si sforzò all’inverosimile per iniziare a leccare le goccioline cadute sul pavimento. Leccava forsennatamente le mattonelle fredde, raccogliendo qua e là le gocce di liquido, mentre diventava sempre più rosso per la pesante umiliazione che stava subendo (per di più da parte di una ragazza che aveva corteggiato e dalla quale era stato rifiutato e detestato). Sentì il suono impietoso dello scatto del cellulare, seguito dalle risate delle due ragazze: lo stava nuovamente fotografando, e più di una volta. Venne schiacciato prima dal piede di Letizia, che premeva a scatti e con forza, poi anche da quello di Valeria, più delicata. Quando la pressione cessò, il ragazzo alzò la testa verso la fica di Alessandra. La vide gocciolare, poi vide alcuni rivoli che le scendevano lungo le cosce e i polpacci, fino ai piedi: a quella vista, l’eccitazione, che era scomparsa per il calcio di letizia, recuperò vigore. Iniziò a leccarle prima i piedi: quella delizia, che più e più volte aveva avuto modo di assaporare, ora, insaporita dall’orina, acquistava un qualcosa di particolare, che portava la sua eccitazione ai massimi livelli. Leccava con ardore, prima il dorso del piede, poi fra le dita, i talloni, e tutto intorno. Poi salì verso i polpacci,dietro le ginocchia, fino ad arrivare alla vagina. Quella vista fu sufficiente a fargli dimenticare tutti i dolori: iniziò a leccarla, partendo dalle grandi labbra, scivolando sulla peluria. Prima con delle pennellate lunghe e incisive, poi sempre più localizzate e frequenti, penetrando all’interno. Mentre leccava, le due lo incitavano con dei calcetti, lo afferravano per i capelli, per guidarlo dove volevano loro. “Guarda come lecca, gli ho insegnato bene eh? Ihihihihihih”. “Che schifo, mi fa vomitare questo coglione…”, rispondeva Letizia, “Pensa se tutte le poveracce alle quali hai rotto le palle sapessero che bevi il piscio!”. “Guarda che bel bidet portatile che abbiamo, ahahahahah!”.

Intanto Alessandra si stava rilassando, riscaldata dalla lingua del suo compagno, e da quella sensazione di calore che la avvolgeva. Iniziò ad eccitarsi, e a gemere in maniera sommessa: “mmmm” “ahahahah”. Quando capirono che si stava eccitando sempre di più, Valeria era propensa a ricompensare la sua schiava facendola venire, ma il sadismo di Letizia fu tale da negarle tale premio: preso per i capelli, Daniele fu interrotto, allontanato e schiaffeggiato (solo per sfregio). Intanto Valeria stava graffiando la schiena di Alessandra, che si inarcava spasmodicamente e freneticamente ad ogni strisciata, accompagnata da un urlo frignante. “Brava Valè, fagliela pagare a quella troia in calore, di avere goduto mentre le ripulivano la figa!”, disse Letizia.

“Ti ha detto male bello, scappa anche a me da pisciare!” disse Letizia. “Muoviti sfigato, andiamo!”: quando furono al bagno, chiuse a chiave, fece stendere il ragazzo nella vasca, vi si posizionò con le gambe divaricate sui bordi, ed iniziò ad urinare sopra il corpo nudo e affaticato di Daniele. Rispetto all’orina di Alessandra, quella di Letizia era più scura, ed aveva un odore più intenso e sgradevole. Il getto caldo ricoprì tutto, ed andò a bruciare sui graffi che segnavano il suo corpo. L’umiliazione fù cocente. Alla fine, Letizia si pulì con la carta igienica, che infilò violentemente in bocca al ragazzo. Poi se ne andò, con fare freddo e apatico, lasciandolo steso nella vasca: Daniele la vide chiudere la porta, e rimase con quel sapore sgradevole in bocca, con la fastidiosa sensazione di umidiccio su tutto il corpo e immerso in quell’odore nauseabondo. Sputò via la carta igienica, e rimase a fissare il soffitto per circa un quarto d’ora, meditando sul degrado e su come la sua dignità era stata calpestata: eppure, non sarebbe voluto stare da nessun’altra parte, era questa la vita che voleva (almeno con le ragazze), che lo appagava e che portava la sua eccitazione sulle vette più alte. Era totalmente schiavo e succube delle sue compagne, e ormai dipendeva completamente dal loro sadismo e dai loro capricci.

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