Domiziana – parte III

Piedi

Il suo entusiasmo durò poco, e il suo morale scese rapidamente sotto le scarpe: ma non potè fare a meno di obbedire alla richiesta della sua padrona. E passarono nonostante ciò diverse settimane prima che lei si rifacesse viva. Lo chiamò dicendogli che stava organizzando una cena a casa sua, con le sue amiche, e che lui le avrebbe dovute servire.

Il giorno decisivo, si ritrovò a casa della sua padrona assieme alle amiche di lei: Roberta, Carolina e Federica. Era stato preventivamente mandato a comprare la pizza, che naturalmente dovette pagare lui.

Appena arrivato, Domiziana lo aveva accolto schiaffeggiandolo sonoramente, per ricordargli chi comandava. Poi per umiliarlo le quattro gli avevano fatto indossare un grembiulino: la loro malsana idea di fargli indossare anche le scarpe coi tacchi per fortuna fallì, dato che non gli entravano. Nemmeno quelle di Carolina, che pure portava un 39 abbondante ed era la più alta delle quattro.

Per tutto il resto della serata, dovette adempiere al compito che la mente diabolica della sua padrona aveva concepito: fare da servo a quattro ragazzine in vena di divertirsi e di umiliarlo. Per questo era anche un pò timoroso, in quanto, pur essendo eccitato all’idea di essere un giocattolo nelle mani di una padrona, tuttavia nutriva dei dubbi sulle intenzioni di lei e sul fatto che questa non aveva un briciolo di premura nei suoi confronti, anche a causa della sua immaturità. Ma ormai era alla loro completa mercè.

All’inizio, servì le padrone beccandosi “soltanto” una buona dose di ceffoni e insulti, il tutto fra le risate generali. Ogni volta doveva stare in ginocchio a guardare le ragazze dal basso mentre mangiavano, fino a quando non gli ordinavano di portare altra roba. Con le ginocchia doloranti l’impresa diventava sempre più ardua. “Muoviti, imbecille!”, tuonava la voce di Domiziana: “Sei proprio un idiota!”, diceva, schiaffeggiandolo, mentre le altre tre se la ridevano. Una cosa che lo mandava letteralmente in estasi era quando la sua padrona lo afferrava per la maglietta, tirandolo a sè, e lo fissava negli occhi, con uno sguardo fermo, magnetico, penetrante: quegli occhioni da cerbiatta, che, nonostante lo sguardo irato, non riuscivano a nascondere una certa dolcezza. A rompere questa estasi paradisiaca, le voci squillanti delle altre, che iniziavano per dispetto a impartirgli ordini tutte e tre insieme, e lo schiaffeggiavano nel momento in cui non riusciva ad esaudirli. Per umiliarlo, ogni tanto gli tiravano addosso bevande, o lo colpivano con le bottiglie di plastica vuote. Se provava a difendersi dai colpi, infierivano ancora di più. Non serviva a niente implorare pietà. La più tranquilla della comitiva sembrava essere Roberta: molto composta e contenuta, anche se aveva quell’aria da furbetta che bastava a umiliare. Fu proprio Roberta a proporre di truccare il povero ragazzo, che venne portato in bagno, a metà della cena, e conciato per bene: “Guarda che faccia da pompinara che hai! Tanto abbiamo capito che sei frocio.”. Ovviamente il tutto veniva fotografato coi telefonini. Continuò ad essere degradato, fra risatine varie e sputi in faccia, per il resto della serata. Man mano che le ragazze bevevano, il loro ritegno andava scemando: avevano iniziato a spalmare del cibo sulla faccia dello sventurato, al quale venne anche ordinato di mangiare dal pavimento, dopo che le perfide padrone lo avevano calpestato. Federica si divertiva a farglielo leccare direttamente dalla suola delle sue scarpe.

Roberta aveva un bel paio di stivali rosa, e più volte aveva minacciato di farli “assaggiare” allo schiavo, puntandoli sui suoi testicoli. Carolina nel frattempo aveva preso a schiaffeggiarlo selvaggiamente, ridendo come una forsennata; Federica, dal canto suo, volle movimentare un pò la serata proponendo alle compagne, a giro, di prenderlo a calci sui testicoli. Di fronte a questa proposta, il ragazzo iniziò a tremare e a implorare, ma Carolina, accarezzandolo in testa, abbozzò una falsa dolcezza che aveva il sapore più autentico della presa per il culo: “Tranquillo, lo sai che le tue padrone ti vogliono bene, vero ragazze?” – “Oh, ma si! Ahahahah!”. “Forza, alzai e allarga le gambe”, disse Domiziana. “Vi prego, questo no! Vi supplico …” disse lui, con la voce che quasi tremava.

Piedi Silvia

Carolina gli si mise dietro, tenendogli le mani ferme, mentre Federica, la promotrice dell’iniziativa, tirò un calcio fra le gambe del ragazzo, che cacciò un urlo e si accasciò a terra. Mentre era rannicchiato, Domiziana gli ordinò perentoriamente di rialzarsi, ma dato che stentava, iniziò a prenderlo a calci sulla schiena. “Alzati, ho detto, o sarà peggio per te!”: disse, tirandogli i capelli. Quando si rialzò, Carolina lo “aiutò” a rimettersi in posizione, puntandogli un ginocchio sulla schiena e tirandogli le braccia in dietro. Roberta, per sua fortuna, ci andò leggera, con la sua solita delicatezza, quasi solo appoggiando il dorso dello stivale sulle palle dello schiavo, che comunque sobbalzò dallo spavento. “Roby, ma che fai, dagli giù più forte, dai! Ti fà per caso pena questo deficiente?”, la spronò Domiziana. Così Roberta lo colpì più forte, tanto che questo si dimenò al punto da liberarsi dalla presa di Carolina, gettandosi di nuovo a terra, piagniucolante. Venne rimesso in piedi, e Domiziana gli diede una ginocchiata che non gli lasciò scampo. Dolorante, piagniucolante e implorante, sul pavimento, iniziò a fare tenerezza alle quattro, tanto che Carolina, alla quale sarebbe spettato il turno, mettendogli la scarpa sulla guancia disse che poteva bastare. “Dai, sennò lo ammazziamo!”, poi, rivolta al ragazzo, “vedi che ti vogliamo bene? Dovresti ringraziarmi! Baciami il piede!”, Il ragazzo baciò più volte la scarpa a Carolina, e con voce tremolante la ringraziò: “Grazie padrona, grazie!”. La stessa cosa fece con le altre, che gli porsero i piedi una dopo l’altra.

Per completare l’opera, venne schiaffeggiato ancora un pò: ogni volta che una delle ragazze anche solo alzava una mano, per istinto lui si riparava la faccia, tremando: a tal punto lo avevano conciato.

Poi gli fu permesso di andare in bagno a riprendere fiato. A questo punto, il gioco poteva dirsi concluso, e ci fu tempo per un pò di social time, durante il quale le tre ragazze, eccetto Domiziana, gli dissero che era stato bravo e lo ricompensarono baciandolo sulle guance. La sua padrona invece era fredda e distaccata come al suo solito. Chissà la prossima volta cosa gli sarebbe toccato fare.

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