Dalla Russia con perfidia – parte II

Alena frequentava il suo attuale compagno, Mirco, già da mesi: era un suo collega, che lei aveva abilmente sedotto per ottenere delle promozioni.
Emanuele lo aveva visto solo in rare occasioni fino ad allora; più che altro ne aveva sentito parlare dai racconti che la matrigna gli faceva, riguardo ai suoi incontri, mentre lui, nel chiuso della sua gabbia di castità, le massaggiava i piedi al ritorno dal lavoro.
Adorava enumerare tutti i dettagli dei suoi incontri con Mirco, per dimostrare al figliastro come si doveva comportare un vero uomo, quello che lui (o meglio, lei, Taty) non sarebbe mai stato. A partire dalle dimensioni del pene, fino alla prestanza fisica e ai muscoli ben scolpiti.
Poi un giorno Mirco era entrato a far parte di quella casa, fungendo anhe da padre affettuoso per la piccola Natasha. Ovviamente, la compagna Alena le aveva parlato di quel figliastro sfigato, che ormai era ridotto al rango di schiavetto domestico, mettendo in chiaro che lo faceva per libera scelta, dato che godeva della sua condizione e che proferiva una fede e una devozione illimitata verso di lei e di sua figlia.
Ma quando si era ritrovato quella sissy ridicola che gironzolava per la casa con una parrucca, coi tacchi e con il pene costretto nella gabbia di castità, Mirco era rimasto incredulo e stupito, e ci aveva messo un paio di mesi anche solo per capire la situazione.

Mistress Russa
Tuttavia la bella e diabolica Alena, con le sue sottili arti femminili, fece un ottimo lavoro nel persuadere e manipolare la mente del compagno, fino a fargli non solo accettare quella situazione grottesca e paradossale, ma anche a rendergliela gradevole e divertente, tutto sommato.
Mirco non aveva delle particolari inclinazioni alla dominazione: agli inizi, guardava con interesse come Alena umiliasse il ragazzo e si facesse da questo servire. Si prestava anche quando la sua compagna ordinava al ragazzo di baciare, oltre che i suoi piedi, anche le scarpe del compagno quando entravano a casa.
Poi avevano iniziato ad umiliare Taty verbalmente, insieme. Per punire la “servetta” delle sue mancanze, o semplicemente per puro e sadico divertimento, Alena aveva iniziato a darle calci sui testicoli, e chiedeva a Mirco di fare altrettanto: Taty veniva fatta mettere a gambe divaricate, e da dietro, a gamba tesa, Alena sferrava i calci, a più riprese.
Nel fare ciò, la russa aveva una precisione chirurgica, sapendo dove colpire e con quanta forza. Invece il compagno era un pò più goffo e a volte troppo energico, tanto che Taty rimaneva accucciata a terra diversi minuti, prima di potersi rialzare per il calcio successivo.
Come se tutto ciò non bastasse, per ricordare ad Emanuele il suo essere inferiore Alena gli faceva annusare i piedi e i calzini del compagno quando tornava da lavoro o dal tennis, mentre lei lo insultava e gli sputava in faccia (sapendo che ciò lo eccitava e lo rendeva ancora più succube).
I due spesso si facevano massaggiare i piedi da Taty, mentre la filippina Tala (che, ricordiamo, non era una schiava) massaggiava loro le spalle e la schiena.
La Dea aveva iniziato ad essere gelosa verso Tala, avendo notato che Mirco la guardava con occhio malizioso. Tanto che la fulminava con lo sguardo ogni volta che questa ronzava intorno a Mirco.
Una volta, mentre Alena era fuori al saggio di danza della figlia, Mirco, tornato dal lavoro, era rimasto solo con Tala e Taty. Taty stava pulendo il pavimento, mentre Tala lavava i piatti; Mirco le si era avvicinato da dietro, mentre questa gli lanciava delle occhiate ammiccanti.
Aveva iniziato a palparle il sedere, e lei si era sciolta, iniziando a strusciarsi contro di lui. Poi i due avevano iniziato a baciarsi passionatamente. La filippina sembrava godere come una cagna mentre lui le strusciava la mano sulla patata.

russian_mistress_08Nel mentre, la sissy Taty era stata costretta a interrompere il lavoro e a guardare l’evolversi della scena, per ricordarle quello che non avrebbe mai potuto fare a una donna.
Poi Tala si era messa in ginocchio sul pavimento, Mirco si era aperto la zip dei jeans e aveva tirato fuori il suo membro, duro come un pezzo di marmo.
La filippina lo aveva preso avidamente in bocca, succhiando come una vera professionista e muovendo il collo come un piccione; MIrco la aveva afferrata poi per i capelli, penetrando veementemente la sua bocca, stantuffando come un toro.
Il tutto durò per dieci minuti buoni, fino a quando Mirco non venne in abbondanza nella bocca della serva, che, da brava, ingoio fino all’ultima goccia. Emanuele era rimasto a guardare la scena, con quella rassegnazione che Alena aveva scolpito e consolidato nella sua mente, nel corso degli anni.
Oltre alla frustrazione e all’umiliazione, però, il ragazzo provò una strana paura per quello che, forse, avrebbe potuto succedere un giorno anche a lui, se la sua padrona lo avesse voluto. L’idea di avere anche solo il contatto con i genitali di un altro uomo lo disgustava.
Ma Alena aveva lui ribadito a più riprese che lo avrebbe fatto diventare una vera e propria zoccoletta, essendo la sua virilità praticamente annientata. Intanto, lui pregava che quel giorno non sarebbe arrivato poi così tanto presto.

Dalla Russia con perfidia

Piedi KarinaLa sua matrigna russa, Alena, lo aveva lasciato, vestito da sissy maid, a pulire la cucina.
Da quando aveva perso entrambi i genitori naturali, Emanuele era andato incontro ad un atteggiamento sempre più freddo e cinico da parte di quella bella signora russa, che pure, quando il padre era ancora in vita, sembrava averlo accolto come un figlio.
Ora aveva appena raggiunto la maggiore età, ed era diventato uno schiavo, un giocattolo nelle mani della sua matrigna e della sorellastra, Natasha (quest’ultima, ancora fanciulla, ma resa viziata dal modo in cui la madre la aveva cresciuta).
Al cospetto delle Dee, doveva sempre stare in ginocchio, non usciva mai di casa ed era costretto a svolgere lavori domestici gravosi, accanto alla giovane inserviente filippina, Tala. Ad ogni minima mancanza, era punito nel modo che la sua matrigna riteneva più opportuno. Gli schiaffi, i calci e gli sputi erano all’ordine del giorno.
Chiunque, dall’esterno, avrebbe giudicato tutto ciò come violenza, vessazioni e abusi. Non sapendo che, nel suo intimo, Emanuele era ben lieto di servire la sua bellissima matrigna, e gioiva delle continue umiliazioni alle quali era sottoposto.
Anche il dover sottostare ai capricci della sorellastra, che pure era ancora una bambina, non faceva che aumentare quel senso di eccitazione che faceva di lui uno schiavo per natura: d’altra parte, anche ciò rientrava neglio obblighi che, nel tempo, Alena gli aveva imposto con freddezza e distacco.
La bella donna dell’est, ora benestante e in carriera presso l’ambasciata, aveva avuto gioco facile in questo: quando il ragazzo era ancora un virgulto, agli albori dell’adolescenza, lei aveva scoperto una gran quantità di materiale virtuale a tema Femdom in una cartella del PC: pur non anvendolo mai detto apertamente, aveva sfruttato a suo vantaggio, con un acume e un calcolo tipicamente femminile, la debolezza del ragazzo.
Ora, totalmente umiliato e degradato, era un semplice oggetto ad uso e consumo di lei, e un giocattolo per sua figlia.

Piedi BambinaLa bambina era quasi una Barbie in carne ed ossa: bionda e bella come la mamma, amava vestirsi con vestitini rosa e tingersi le unghie di mani e piedi di uno smalto vuola con i brillantini. Aria di superiorità e sufficienza, occhi azzurri, amava farsi preparare la colazione dal suo fratellastro, schiaffeggiandolo in continuazione, anche per gioco. Le piaceva truccarlo come un bambolotto, e lo usava spesso come tale, facendolo baciare con le sue bambole.
Si faceva da lui chiamare “principessa”, e spesso gli metteva i piedi in faccia, facendoglieli annusare.
Lo usava anche come pony, facendosi portare in giro per la casa. Talvolta doveva essere la madre a porre un freno al brio giovanile della bambina.
La bellezza di Alena era, per il ragazzo, eterea e irraggiungibile, visto che lei, degnandolo quasi nemmeno di uno sguardo, non gli permetteva il contatto diretto con il suo corpo, non fosse per farsi baciare scarpe e piedi quando rientrava in casa.
Per disciplinare la sua sissy, le aveva imposto una chastity built: per Emanuele, ribattezzato Taty, questo era il fardello più pesante da portare, dati i bollenti spiriti dovuti all’età e agli ormoni in circolo, e al fatto di avere una gnoccona di un metro e novanta come matrigna.
Alena, dagli occhi di ghiaccio, sapeva passare da un atteggiamento freddo, distaccato e algido a uno deridente e umiliante, a seconda di come le girava: nel secondo caso, non si risparmiava di ricordare al ragazzo la sua scarsa virilità, il suo fisico gracile e di aspetto non gradevole, e il fatto che sarebbe stato per sempre un essere inferiore alla sua completa mercè.

Piedi Russa
Per umiliarlo ancora di più, e per ribadire la sua superiorità slava, aveva iniziato col tempo ad impartirgli gli ordini in lingua russa. Il povero Emanuele, quando non capiva, veniva sgridato e schiaffeggiato: di necessità virtù, pian piano aveva assimilato i comandi della matrigna e della sorellastra, e scattava per esaudirli.
Sventolava spesso la chiave della gabbia di castità, appesa ad una cavigliera oppure alla collanina, davanti alla faccia del ragazzo, ricordandogli di avere il controllo assoluto sulla soddisfazione dei suoi istinti sessuali. La castità poteva durare anche settimane, a discrezione della matrigna. La soddisfazione dei bisogni sessuali avveniva nel seguente modo: una volta liberato il membro di Taty, che istantaneamente diventava turgido, egli aveva il permesso di masturbarsi, in ginocchio sul pavimento e con lo sguardo rivolto in basso, tutto sotto lo sguardo fisso e glaciale, a tratti beffardo, della padrona, che a volte batteva la punta della scarpa sul pavimento, come a comunicare di fare rapidamente, oppure faceva commenti sulle dimensioni del pene di Taty.

Piedi BambinaQuando finalmente lo schiavo schizzava sul pavimento, la matrigna schioccava le dita e indicava in basso: era il segnale che lo schiavo doveva provvedere a pulire il frutto della sua agognata concupiscenza con la lingua. Si accucciava e iniziava a leccare ogni goccia, mentre lei gli premeva la scarpa in testa per umiliarlo ancora di più. Finita la pulizia, il pene veniva di nuovo recluso a forza nel suo angusto guscio, non sapendo quando sarebbe potuto tornare di nuovo libero.
Accadeva raramente che anche Tala, la servetta filippina, venisse coinvolta nelle umiliazioni della povera Taty. Quando Alena era di buon umore, faceva mettere a Tala il sedere sulla faccia del ragazzo, che si masturbava fino a schizzare sui piedi, odorosi e sudaticci, di questa. Poi, ovviamente, li doveva ripulire con la lingua. In tali frangenti, la pena dello schiavo era resa leggermente più piacevole.
Presto Alena aveva portato un compagno stabile a casa loro. Emanuele, detto Taty, aveva dovuto iniziare a servire anche lui, che si era reso sempre più complice della compagna nel dominare il figliastro.

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