I pomeriggi estivi che fecero da contorno al quinto liceo di lui passarono tutti secondo le medesime modalità e secondo schemi ben consolidati. Lui la seguiva come un cagnolino per il paese, mentre lei lo respingeva in malo modo quando non le serviva, usando calci e schiaffi all’occorrenza. Delle volte però l’istinto dominatore di Domiziana si risvegliava, e allora usava il suo schiavetto per divertirsi.
Accadde una volta, in una sera di giugno, che si appartassero nei giardini pubblici, in un’area poco frequentata e anche poco illuminata. Erano lui, la sua padroncina e le amiche di lei: indossava delle infradito rosa. Lo fece mettere in piedi davanti a lei, ed iniziò ad insultarlo, tutto mentre le amiche sghignazzavano e ridevano; lui cercava di difendersi dagli insulti, ma Domi lo azzittiva con decisione: “Sta zitto, o ti arriva una ciavattata sulla bocca!”. Così effettivamente successe, dato che la ragazza gli tirò uno dei due infradito, prendendolo sul naso. “Riportamelo con la bocca adesso, stupido!”. Fu estremamente umiliante e degradante doversi chinare, con quattro ragazze che lo guardavano e lo deridevano, a raccogliere l’infradito impolverato della sua padrona con la bocca, e riportargliela camminando a quattro zampe sui sassolini. Quando arrivò da Domi, che lo fulminò con lo sguardo, era tutto dolorante e aveva la faccia che bruciava. Per tutta risposta la ragazza prese la scarpa, poi lo afferrò per i capelli, piegandogli la testa su un lato e iniziandolo a colpire con la suola dell’infradito sulla guancia. Lui soffriva ed emetteva lamenti, fino a quando lei si fermò e gli chiese, imperante: “Tira fuori la lingua!”. Il ragazzo mugulò qualcosa, quasi a chiedere pietà, ma poi tirò fuori la lingua: Domiziana, per umiliarlo ulteriormente, iniziò a strusciare la suola della scarpa, sporca, sulla sua lingua, che si tinse ben presto di nero. “A qualcosa servi, vedi? Allora, hai capito che non mi devi rompere le palle?” – “Si, padrona”, disse, sputando a terra per il disgusto. Dopo qualche altro insulto da parte delle amiche, Domiziana lo cacciò via con una pedata: “Non farti più vedere finchè non ti chiamo io, capito?”. Quando tornò a casa, il povero ragazzo ribolliva fuori e dentro: aveva i segni delle scarpe della ragazza sulle guance, il sapore disgustoso della terra e della polvere in bocca e il suo orgoglio maschile che iniziava a protestare nel suo intimo. Basta, era troppo quanto gli era accaduto! La prossima volta che la avrebbe incontrata, la avrebbe insultata a sua volta, schiaffeggiata dicendole che era una stronzetta che non valeva niente.
Be presto però, quando questo rimuginio si quietò, riemerse potente la sua natura di schiavo sottomesso: si era umiliato per la sua dea, le si era inginocchiato e le si era dato completamente, permettendole di fare di lui ciò che voleva. Nel guardare i segni lasciatigli dalla scarpa della sua padrona, ebbe un’erezione improvvisa. Dovette così masturbasrsi e ripercorrere con la mente la surreale situazione che si era trovato a vivere. Dopo essersi liberato, aveva un solo problema in mente: come poter obbedire al divieto impostogli dalla sua dea di avvicinarsi fino a nuovo ordine. Ce la avrebbe fatta a mantenersi distante da lei?
Fu dura, in effetti. Soprattutto perchè in un paese piccolo come il loro ci si incrociava di frequente, e comunque dovevano fare il viaggio in treno insieme per andare a scuola. Sul treno cercava di sedersi lontano da lei, tenendo a freno il desiderio di vederla e di adorarla. Quando la incontrava il sabato pomeriggio invece abbassava lo sguardo. Ogni minuto sperava di ricevere una chiamata o un sms, invano.
Poi arrivò un messaggio. Il cuore iniziò a battergli veloce, un forte calore si sviluppò all’altezza del ventre, quando lesse il nome del mittente: “Domiziana”. Allora si era ricordata di lui! Forse lo voleva ai suoi piedi! Sarebbe corso da lei e gli si sarebbe prostrato, pronto ad esaudire ogni suo ordine! Anche di fronte a quelle ochette delle amiche, non gli importava: anzi, più era umiliato, più avrebbe gioito. Coi tasti del cellulare (i touch ancora erano fantascienza, così come facebook), aprì l’SMS della sua padrona, e lesse il suo contenuto:
“Fammi una ricarica da 20 euro. SUBITO!”