Dalla Russia con perfidia – parte IV

Il momento tanto temuto da Taty arrivò una sera in cui la piccola Natasha non era in casa, e che Mirco e Alena avevano voglia di giocare. In teoria, Tala doveva preparare e servire la cena ai due padroni di casa, ma nella pratica la maggior parte del lavoro dovette essere svolta da Taty, sotto la supervisione della filippina, che si divertiva a insultarlo e a deriderlo.

russian_mistress_08Nei tempi morti, Emanuele veniva fatto accucciare e costretto a leccare le scarpe di tutti e tre a rotazione; per divertimento, allo schiavo venivano inferti shock elettrici ai testicoli. Taty venne ad un certo punto fatta alzare in piedi e costretta a ballare goffamente, a ritmo di shock elettrici, sollevando le risate dei due commensali e della serva filippina. Man mano che i due padroni bevevano e si scioglievano, l’atmosfera si faceva sempre più calda, ed il povero Emanuele era sempre più preoccupato di cosa dovesse aspettarsi dalla matrigna.

Come se gli shock elettrici non fossero bastati,  ogni tanto Alena faceva assestare allo schiavetto un calcio o una ginocchiata sui testicoli da Tala. Verso la fine della cena, i tre si divertirono a tirare calci a turno, da dietro, alla sissy, che era stata fatta mettere a gambe divaricate. Ogni volta che si accovacciava per il dolore, gli veniva ordinato di rimettersi in posizione per il prossimo calcio. Questo supplizio durò per una ventina di minuti, fino a quando i tre non si stancarono.

La sua affettuosa matrigna, per farlo dissetare e recuperare un po’ le forze, versò del vino bianco sul pavimento, e glie lo fece leccare, incitandolo di tanto in tanto con qualche shock elettrico ai testicoli. Mentre Taty era immersa in questo compito, non proprio semplice, Alena iniziò a stimolare il pene del compagno con il piede. Lui invece cominciò a palparle il seno, per poi iniziare a limonare, incuranti dello schiavo che leccava il pavimento. Quando Mirco raggiunse il livello di eccitazione che ad Alena serviva, questa richiamò il figliastro con uno schiocco di dita, facendolo mettere in ginocchio di fronte al tavolo.

Poi fece abbassare i pantaloni di Mirco, dai quali spuntò fuori il suo grosso pene in erezione. Per la prima volta in vita sua, Emanuele si trovò faccia a faccia con un cazzo diritto: ne sentiva l’odore e ne vedeva le vene. Istintivamente, tese ad allontanare la testa all’indietro, ma uno schiaffo sulla nuca da parte della matrigna lo riavvicinò: non aveva molte chance, e il terrore di ricevere da un momento all’altro shock ai testicoli non gli lasciava scelta. Gli si accucciò accanto anche la filippina Tala, ridacchiando e stropicciandosi le mani: lo avrebbe dovuto “guidare” e correggere in caso di errori. Fu proprio lei a dirigere le danze, mentre Alena si limitava ad osservare, con il suo sguardo glaciale, dall’alto la scena, pronta col telecomandino in mano a imprimere gli shock.

Gli venne ordinato di baciare la cappella, poi di iniziare a succhiarla piano piano, coadiuvato dalla mano di Tala dietro la nuca. Spalancando la bocca sempre di più, e ingoiando sempre più in profondità, Taty cercava di fare del suo meglio per vincere la repulsione e il senso di oppressione che quel cazzo le provocava nella cavità orale. Ogni tanto doveva prendere aria per non strozzarsi.  Sentiva il sapore salato del liquido pre-seminale che iniziava a invischiarsi nel palato. La mano di Tala premeva sempre più forsennatamente, mentre Alena, con sguardo divertito e malizioso, lanciava qualche shock al povero figliastro, che faceva sforzi titanici per compiacerla.

Il compagno di lei, sempre più eccitato, aveva iniziato a muovere il bacino e a penetrare la bocca della sissy. Quando fu sul punto di venire, la perfida matrigna lo fece interrompere: voleva rendere il gioco ancora più divertente. Suo malgrado, Mirco estrasse il pene turgido dalla bocca dello schiavo, mentre quest’ultimo, affannato, riprese aria: il sollievo durò poco, dato che gli arrivò una scarica elettrica all’improvviso e un ceffone di Tala, tanto per diletto.russian_mistress_03

Si spostarono in soggiorno, e la sissy dovette seguirli a quattro zampe, mentre Tala la tirava per l’orecchio e le dava calci sulle chiappe.  Venne fatta mettere a novanta gradi, con la pancia su una sedia, e le mani legate alla gamba di questa. La filippina si mise lo strap-on, mentre Mirco si mise davanti alla faccia dello schiavo, impaziente di infilargli nuovamente il suo membro in bocca. Tala iniziò a penetrarlo da dietro, Mirco da davanti. La povera Taty faticava il doppio di prima, e per giunta perdeva la sua verginità anale: a fargli superare tutti quei tormenti era l’idea di compiacere la sua bella matrigna, che, a braccia conserte e col sorrisino appena accennato e con lo sguardo di ghiaccio, osservava divertita quel gioco.

La veemenza di Mirco aumentò sempre di più, in concomitanza con un intensificarsi degli shock elettrici da parte della compagna. Quando stette per venire, come concordato con Alena prima che tutto cominciasse, l’uomo estrasse il pene, e schizzò copiosamente sulla faccia del ragazzo: lo sperma era giallo, denso e maleodorante.  Seguirono grasse risate, shock in sequenza e schiaffi sulle schiappe. Mirco gli sbattè il pene in faccia, strusciandolo per pulire bene la punta, mentre Tala gli infilò nella bocca lo strap-on che aveva violato il suo orifizio anale.

L’umiliazione non era finita qui. Alena, infatti, lo insultò più volte in russo, dandogli della femminuccia e della troia, e decise di lasciarlo legato alla sedia, in quella posizione, con il volto coperto di sperma maleodorante. Gli sputò in faccia, e altrettanto fece Tala, ridacchiando come una stupidina.

Dopo di che, la filippina se ne andò a dormire, mentre la coppia si appartò in camera da letto per fornicare. Dopo quasi un’ora, la cagnetta venne slegata e le fu permesso di lavarsi e di coricarsi: come premio per essere stata brava, la matrigna la ricompensò con delle carezze sulla testa e con buffetti sulla guancia, e le fece baciare i suoi piedi. Amava quella vita, amava la sua matrigna e tutto ciò che faceva per umiliarlo e degradarlo sempre di più: questa era la sua strada, ormai.

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Dalla Russia con perfidia – parte III

Taty, la sissy, stava pulendo e riordinando la scarpiera della sua padrona. Questa aveva una collezione pressochè sconfinata di scarpe di ogni tipo, colore e forma, da quelle più economiche a quelle più lussuose.Russian Mistress
Quando si trovava in quello sgabuzzino, circondata da tutto quel ben di Dio, Taty si sentiva in paradiso. Era una delle mansioni che svolgeva più volentieri, pur essendo il lavoro lungo, impegnativo e meticoloso.
Poteva sentire il profumo delle scarpe avvolgerla da ogni lato. Pulire le scarpe doveva essere un vero e proprio rituale, insegnatogli a suon di schiaffoni e frustate da Alena nel corso degli anni. Come prima cosa, doveva prendere in mano con delicatezza la singola scarpa, annusarla e baciarla dieci volte. Poi poteva iniziare a pulirla. Aveva l’obbligo di usare la lingua solo per le scarpe di uso comune, ad esempio le decoltee da lavoro o gli stivali. Ogni paio di scarpe aveva il suo posto, ed Emanuele doveva prestare molta attenzione nel riporle nel giusto ordine: al rientro, la sua matrigna avrebbe controllato e lo avrebbe punito al minimo errore.

La stessa operazione la doveva ripetere spesso anche per le scarpe della sorellastra, la principessina Natasha. Quest’ultima si divertiva sadicamente nel gettare di nuovo in disordine tutte le sue scarpe dopo che lo schiavetto le aveva sistemate.
Così che egli doveva ripetere il lavoro daccapo: se avesse potuto, avrebbe senz’altro preso a schiaffoni quella bimba insolente e dispettosa, che invece doveva chiamare principessa e alla quale doveva sottostare per volere di Alena.
Alla filippina Tala spettavano mansioni assai più leggere e sostenibili: anzi, questa spesso scaricava su Emanuele alcune delle proprie incombenze, dato che Alena glie ne aveva dato licenza. Anche se malvolentieri, Taty era costretta ad una certa sudditanza anche nei suoi confronti, il che era forse ancor più umiliante che non il dover sottostare alla sorellastra.
Spesso per punizione Alena costringeva il figliastro ad annusare e baciare le calze, i piedi sudaticci o le scarpe di Tala dopo che questa aveva lavorato.

Mistress Russa scarpe
Un giorno la perfida Alena decise che il percorso di femminizzazione del figliastro dovesse subire un salto di qualità. Per fare ciò, sapeva che l’indole sottomissiva e docile del ragazzo non era sufficiente, così come la castità forzata alla quale lo aveva costretto. Ci serviva, in defintiva, un altro strumento. Lo trovò informandosi sul web, sulle varie community a tema BDSM: era un dispositivo telecomandato che provocava uno shock elettrico ai testicoli.

Lo mise al collo dei testicoli di Taty, appena sotto la gabbia di castità, e lo testò immediatamente, inviando impulsi di intensità e durata variabile per vederne l’effetto sulla povera sissy, che trasaliva o si accasciava a terra in preda a fitte lancinanti. Nel vedere questa scena, Alena provava un piacere sottile, ridacchiando mentre il figliastro, a terra fra gli spasmi muscolari, la supplicava di smettere. Un congegno veramente diabolico: semplicemente spingendo un tasto, la Dea provocava al ragazzo un dolore di gran lunga superiore a quello di uno schiaffo, un calcio o una frustata, con uno sforzo nettamente minore.
Spesso, mentre lei e il compagno erano seduti sul divano, si divertivano a far ballare la troietta davanti a loro, sollecitandola con gli impulsi elettrici. Il percorso di femminizzazione era iniziato proprio dalle movenze di Taty, che doveva indossare anche le scarpe col tacco per quasi tutto il giorno. Anche la voce doveva essere la più femminile possibile, pena ripetuti shock elettrici ai testicoli. Si divertivano un mondo quando Taty finiva per cadere dai tacchi, mentre era sotto shock elettrico. Quando invece faceva la brava, Taty veniva premiata dalla padrona con una carezza.Mistress Russa

Una volta curate le movenze, la voce e l’aspetto fisico, arrivò il fatidico giorno di apprendere l’arte della fellatio e dell’irrumatio. Alena iniziò con piccoli strap-on di gomma, e la maestra incaricata di insegnare a Taty tale arte fu la filippina Tala, dato che la bella russa non si volle abbassare a tale livello di contatto con il suo schiavo. Nuovamente, Taty si trovò in ginocchio di fronte alla colf, alla sua mercè. Alena era lì, in piedi, a supervisionare la lezione e a punire il figliastro con gli shock se necessario.

Tala iniziò con il penetrare la bocca di Taty con falli di piccola dimensione, spingendoli sempre più in profondità nella gola della sissy, che faceva resistenza, tossendo e sbavando per terra. Man mano che avanzava nel percorso, e che aumentava sia la dimensione dello strapon che la profondità e la veemenza della penetrazione di Tala, Emanuele si abituò a prendere aria e a non tossire troppo, vincendo il senso di soffocamento. Dalla pratica della irrumatio passò poi alla fellatio: dovette imparare quindi a muovere il collo e a succhiare con sensualità sempre più elaborata il fallo. In questa fase gli shock erano frequenti e intensi, dato che aveva molto ancora da imparare. La lezione successiva sarebbe stata quella di succhiare il pene reale di un uomo.

Dalla Russia con perfidia – parte II

Alena frequentava il suo attuale compagno, Mirco, già da mesi: era un suo collega, che lei aveva abilmente sedotto per ottenere delle promozioni.
Emanuele lo aveva visto solo in rare occasioni fino ad allora; più che altro ne aveva sentito parlare dai racconti che la matrigna gli faceva, riguardo ai suoi incontri, mentre lui, nel chiuso della sua gabbia di castità, le massaggiava i piedi al ritorno dal lavoro.
Adorava enumerare tutti i dettagli dei suoi incontri con Mirco, per dimostrare al figliastro come si doveva comportare un vero uomo, quello che lui (o meglio, lei, Taty) non sarebbe mai stato. A partire dalle dimensioni del pene, fino alla prestanza fisica e ai muscoli ben scolpiti.
Poi un giorno Mirco era entrato a far parte di quella casa, fungendo anhe da padre affettuoso per la piccola Natasha. Ovviamente, la compagna Alena le aveva parlato di quel figliastro sfigato, che ormai era ridotto al rango di schiavetto domestico, mettendo in chiaro che lo faceva per libera scelta, dato che godeva della sua condizione e che proferiva una fede e una devozione illimitata verso di lei e di sua figlia.
Ma quando si era ritrovato quella sissy ridicola che gironzolava per la casa con una parrucca, coi tacchi e con il pene costretto nella gabbia di castità, Mirco era rimasto incredulo e stupito, e ci aveva messo un paio di mesi anche solo per capire la situazione.

Mistress Russa
Tuttavia la bella e diabolica Alena, con le sue sottili arti femminili, fece un ottimo lavoro nel persuadere e manipolare la mente del compagno, fino a fargli non solo accettare quella situazione grottesca e paradossale, ma anche a rendergliela gradevole e divertente, tutto sommato.
Mirco non aveva delle particolari inclinazioni alla dominazione: agli inizi, guardava con interesse come Alena umiliasse il ragazzo e si facesse da questo servire. Si prestava anche quando la sua compagna ordinava al ragazzo di baciare, oltre che i suoi piedi, anche le scarpe del compagno quando entravano a casa.
Poi avevano iniziato ad umiliare Taty verbalmente, insieme. Per punire la “servetta” delle sue mancanze, o semplicemente per puro e sadico divertimento, Alena aveva iniziato a darle calci sui testicoli, e chiedeva a Mirco di fare altrettanto: Taty veniva fatta mettere a gambe divaricate, e da dietro, a gamba tesa, Alena sferrava i calci, a più riprese.
Nel fare ciò, la russa aveva una precisione chirurgica, sapendo dove colpire e con quanta forza. Invece il compagno era un pò più goffo e a volte troppo energico, tanto che Taty rimaneva accucciata a terra diversi minuti, prima di potersi rialzare per il calcio successivo.
Come se tutto ciò non bastasse, per ricordare ad Emanuele il suo essere inferiore Alena gli faceva annusare i piedi e i calzini del compagno quando tornava da lavoro o dal tennis, mentre lei lo insultava e gli sputava in faccia (sapendo che ciò lo eccitava e lo rendeva ancora più succube).
I due spesso si facevano massaggiare i piedi da Taty, mentre la filippina Tala (che, ricordiamo, non era una schiava) massaggiava loro le spalle e la schiena.
La Dea aveva iniziato ad essere gelosa verso Tala, avendo notato che Mirco la guardava con occhio malizioso. Tanto che la fulminava con lo sguardo ogni volta che questa ronzava intorno a Mirco.
Una volta, mentre Alena era fuori al saggio di danza della figlia, Mirco, tornato dal lavoro, era rimasto solo con Tala e Taty. Taty stava pulendo il pavimento, mentre Tala lavava i piatti; Mirco le si era avvicinato da dietro, mentre questa gli lanciava delle occhiate ammiccanti.
Aveva iniziato a palparle il sedere, e lei si era sciolta, iniziando a strusciarsi contro di lui. Poi i due avevano iniziato a baciarsi passionatamente. La filippina sembrava godere come una cagna mentre lui le strusciava la mano sulla patata.

russian_mistress_08Nel mentre, la sissy Taty era stata costretta a interrompere il lavoro e a guardare l’evolversi della scena, per ricordarle quello che non avrebbe mai potuto fare a una donna.
Poi Tala si era messa in ginocchio sul pavimento, Mirco si era aperto la zip dei jeans e aveva tirato fuori il suo membro, duro come un pezzo di marmo.
La filippina lo aveva preso avidamente in bocca, succhiando come una vera professionista e muovendo il collo come un piccione; MIrco la aveva afferrata poi per i capelli, penetrando veementemente la sua bocca, stantuffando come un toro.
Il tutto durò per dieci minuti buoni, fino a quando Mirco non venne in abbondanza nella bocca della serva, che, da brava, ingoio fino all’ultima goccia. Emanuele era rimasto a guardare la scena, con quella rassegnazione che Alena aveva scolpito e consolidato nella sua mente, nel corso degli anni.
Oltre alla frustrazione e all’umiliazione, però, il ragazzo provò una strana paura per quello che, forse, avrebbe potuto succedere un giorno anche a lui, se la sua padrona lo avesse voluto. L’idea di avere anche solo il contatto con i genitali di un altro uomo lo disgustava.
Ma Alena aveva lui ribadito a più riprese che lo avrebbe fatto diventare una vera e propria zoccoletta, essendo la sua virilità praticamente annientata. Intanto, lui pregava che quel giorno non sarebbe arrivato poi così tanto presto.

Dalla Russia con perfidia

Piedi KarinaLa sua matrigna russa, Alena, lo aveva lasciato, vestito da sissy maid, a pulire la cucina.
Da quando aveva perso entrambi i genitori naturali, Emanuele era andato incontro ad un atteggiamento sempre più freddo e cinico da parte di quella bella signora russa, che pure, quando il padre era ancora in vita, sembrava averlo accolto come un figlio.
Ora aveva appena raggiunto la maggiore età, ed era diventato uno schiavo, un giocattolo nelle mani della sua matrigna e della sorellastra, Natasha (quest’ultima, ancora fanciulla, ma resa viziata dal modo in cui la madre la aveva cresciuta).
Al cospetto delle Dee, doveva sempre stare in ginocchio, non usciva mai di casa ed era costretto a svolgere lavori domestici gravosi, accanto alla giovane inserviente filippina, Tala. Ad ogni minima mancanza, era punito nel modo che la sua matrigna riteneva più opportuno. Gli schiaffi, i calci e gli sputi erano all’ordine del giorno.
Chiunque, dall’esterno, avrebbe giudicato tutto ciò come violenza, vessazioni e abusi. Non sapendo che, nel suo intimo, Emanuele era ben lieto di servire la sua bellissima matrigna, e gioiva delle continue umiliazioni alle quali era sottoposto.
Anche il dover sottostare ai capricci della sorellastra, che pure era ancora una bambina, non faceva che aumentare quel senso di eccitazione che faceva di lui uno schiavo per natura: d’altra parte, anche ciò rientrava neglio obblighi che, nel tempo, Alena gli aveva imposto con freddezza e distacco.
La bella donna dell’est, ora benestante e in carriera presso l’ambasciata, aveva avuto gioco facile in questo: quando il ragazzo era ancora un virgulto, agli albori dell’adolescenza, lei aveva scoperto una gran quantità di materiale virtuale a tema Femdom in una cartella del PC: pur non anvendolo mai detto apertamente, aveva sfruttato a suo vantaggio, con un acume e un calcolo tipicamente femminile, la debolezza del ragazzo.
Ora, totalmente umiliato e degradato, era un semplice oggetto ad uso e consumo di lei, e un giocattolo per sua figlia.

Piedi BambinaLa bambina era quasi una Barbie in carne ed ossa: bionda e bella come la mamma, amava vestirsi con vestitini rosa e tingersi le unghie di mani e piedi di uno smalto vuola con i brillantini. Aria di superiorità e sufficienza, occhi azzurri, amava farsi preparare la colazione dal suo fratellastro, schiaffeggiandolo in continuazione, anche per gioco. Le piaceva truccarlo come un bambolotto, e lo usava spesso come tale, facendolo baciare con le sue bambole.
Si faceva da lui chiamare “principessa”, e spesso gli metteva i piedi in faccia, facendoglieli annusare.
Lo usava anche come pony, facendosi portare in giro per la casa. Talvolta doveva essere la madre a porre un freno al brio giovanile della bambina.
La bellezza di Alena era, per il ragazzo, eterea e irraggiungibile, visto che lei, degnandolo quasi nemmeno di uno sguardo, non gli permetteva il contatto diretto con il suo corpo, non fosse per farsi baciare scarpe e piedi quando rientrava in casa.
Per disciplinare la sua sissy, le aveva imposto una chastity built: per Emanuele, ribattezzato Taty, questo era il fardello più pesante da portare, dati i bollenti spiriti dovuti all’età e agli ormoni in circolo, e al fatto di avere una gnoccona di un metro e novanta come matrigna.
Alena, dagli occhi di ghiaccio, sapeva passare da un atteggiamento freddo, distaccato e algido a uno deridente e umiliante, a seconda di come le girava: nel secondo caso, non si risparmiava di ricordare al ragazzo la sua scarsa virilità, il suo fisico gracile e di aspetto non gradevole, e il fatto che sarebbe stato per sempre un essere inferiore alla sua completa mercè.

Piedi Russa
Per umiliarlo ancora di più, e per ribadire la sua superiorità slava, aveva iniziato col tempo ad impartirgli gli ordini in lingua russa. Il povero Emanuele, quando non capiva, veniva sgridato e schiaffeggiato: di necessità virtù, pian piano aveva assimilato i comandi della matrigna e della sorellastra, e scattava per esaudirli.
Sventolava spesso la chiave della gabbia di castità, appesa ad una cavigliera oppure alla collanina, davanti alla faccia del ragazzo, ricordandogli di avere il controllo assoluto sulla soddisfazione dei suoi istinti sessuali. La castità poteva durare anche settimane, a discrezione della matrigna. La soddisfazione dei bisogni sessuali avveniva nel seguente modo: una volta liberato il membro di Taty, che istantaneamente diventava turgido, egli aveva il permesso di masturbarsi, in ginocchio sul pavimento e con lo sguardo rivolto in basso, tutto sotto lo sguardo fisso e glaciale, a tratti beffardo, della padrona, che a volte batteva la punta della scarpa sul pavimento, come a comunicare di fare rapidamente, oppure faceva commenti sulle dimensioni del pene di Taty.

Piedi BambinaQuando finalmente lo schiavo schizzava sul pavimento, la matrigna schioccava le dita e indicava in basso: era il segnale che lo schiavo doveva provvedere a pulire il frutto della sua agognata concupiscenza con la lingua. Si accucciava e iniziava a leccare ogni goccia, mentre lei gli premeva la scarpa in testa per umiliarlo ancora di più. Finita la pulizia, il pene veniva di nuovo recluso a forza nel suo angusto guscio, non sapendo quando sarebbe potuto tornare di nuovo libero.
Accadeva raramente che anche Tala, la servetta filippina, venisse coinvolta nelle umiliazioni della povera Taty. Quando Alena era di buon umore, faceva mettere a Tala il sedere sulla faccia del ragazzo, che si masturbava fino a schizzare sui piedi, odorosi e sudaticci, di questa. Poi, ovviamente, li doveva ripulire con la lingua. In tali frangenti, la pena dello schiavo era resa leggermente più piacevole.
Presto Alena aveva portato un compagno stabile a casa loro. Emanuele, detto Taty, aveva dovuto iniziare a servire anche lui, che si era reso sempre più complice della compagna nel dominare il figliastro.

Divina Giulia e Padrona Jasmine

Divina Giulia 3Cammino a fianco delle mura aureliane, un caldo pomeriggio di estate. Non si incrocia un’anima. La Divina mi attende. Forse sono in ritardo, e non so dove devo andare. Mi fermo sotto la pensilina del bar, nell’attesa che la Divina mi dia l’OK per raggiungere la location. Ho la gola secca a causa dell’arsura, quindi penso di andarmi a prendere qualcosa al bar alle mie spalle. Il mio pensiero viene interrotto dalla chiamata della padrona: al telefono, mi rimprovera per il ritardo. Ho perso la cognizione del tempo, non so di quanto ho fatto tardi. Dice che si deve cambiare: “I piedi ti piacciono odorosi? Allora non me li lavo!”. La sua voce è calda e accattivante.
La serranda del doungeon è socchiusa, mi devo accucciare per entrare. Non appena alzo gli occhi, mi trovo di fronte due autentiche Dee, che hanno gli occhi vitrei puntati su di me. Mi porgono le mani e le bacio umilmente. Sono teso, e la Dea Giulia mi fa notare che ho lasciato aperta la chiamata al telefono. Mi fanno spogliare: rimango in mutande, in ginocchio, con le rose in mano. Divina Giulia me le prende dalle mani, poi arriva Jasmine che, rapida, mi mette il collare, al quale viene agganciato un guinzaglio. Il mio sguardo non può che andare ai bellissimi piedi di Jasmine, il cui odore mi inebria le narici.
Quasi intuendo le mie necessità, la Divina mi fa abbeverare in una ciotola. Bevo l’acqua con la lingua, da bravo cane, mentre la padrona continua a riempire.
Le Dee si divertono poi a lanciare una pallina, che devo rincorrere a quattro zampe, prendere con la bocca e riportare. Nel fare ciò, il guinzaglio si impiglia nello specchio, che per poco non mi cade addosso; vengo salvato dalla magnanimità di Padrona Jasmine.
Come seconda prova, vengo fatto sdraiare sul pavimento, e mi ritrovo con i piedi di entrambe in faccia. L’odore è sublime: più pungente quello di Jasmine, più greve quello della Divina.
I piedi di Jasmine scorrono nudi sulla mia lingua, facendomi degustare il salato del suo sudore. Giulia indossa invece un paio di calze, che sfregano morbidamente sulle mie guance. Vedo gli sguardi imperiosi delle Padrone puntati su di me. “Vedi di leccare bene! Guarda che abbiamo la frusta!”, minaccia Jasmine.
La divina mi ordina di masturbarmi. Il mio inutile verme stenta ad assumere consistenza, nonostante la Divina sia in attesa con un righello in mano: vuole mettermi di fronte alla limitatezza della mia virilità. Le Divine iniziano a conversare disinvoltamente fra loro, nella vana speranza che il mio membro inutile possa prendere vigore.

Divina Giulia
Poi la Divina mi fa adorare le sue scarpe rosse col tacco, che lecco avidamente. “Prendimi l’accendino a destra!”, mi ordina. Naturalmente lo cerco alla mia sinistra. “DESTRA!”: la padrona mi sta facendo proprio perdere la testa. Finalmente lo trovo, e accendo la sigaretta della padrona.
Di fronte alla criticità della situazione, Divina Giulia cerca di ricorrere agli estremi rimedi. Mi fa sedere sul piatto della doccia, e inonda il mio volatile barzotto con un getto caldo del suo nettare divino. La visione paradisiaca della patata della Dea, unita al tepore del suo nettare caldo che scorre su di me, fanno aumentare la rigidità del pene. Ma non è abbatanza.
Mi lasciano lavare, ma nella fretta e per il black-out emotivo che la divina mi ha indotto dimentico di chiudere lo sportello. La Padrona me lo rimprovera.
Abbassano anche le luci, credendo che quel briciolo di virilità che alberga in me si possa risvegliare. Tutto è vano: sto deludendo le mie Padrone, che se la ridono. “E’ così che servi la tua Dea? Ma che delusione che sei!”, dice Giulia.

Divina Giulia 5Si mettono ai miei fianchi, mentre io in ginocchio continuo a masturbarmi: sembra che il mio membro non ne voglia sapere, come se la loro Divinitàlo avesse paralizzato. La Dea mi mette il suo sedere in faccia, ordinandomi di annusare: la fragranza dell’ano divino finalmente sortisce i suoi, seppur lievi, effetti.
“Se non ti si addrizza nemmeno così significa che sei frocio, e ti inculiamo!”, minaccia Giulia, mentre adesso è Jasmine che mi fa adorare il suo culetto. Poggia il suo piede nudo sul mio inguine, ed esplodo in un’eiaculazione in onore delle mie Dee.

“Finalmente!” – esclama Giulia – “hai visto, le minacce servono a qualcosa allora! Jasmine, ci serviva il tuo culo per farlo venire!”.
Concludo l’opera ripulendo, su ordine di Giulia, il prodotto della mia concupiscenza. “Ma guarda che dolce cagnolino”, mi saluta Jasmine. Ci salutiamo, con la speranza di rivederci presto.

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