Aliai

Il fumo dell’incenso saliva verso il soffitto, mescolandosi al vapore dell’acqua. Aliai si abbandonava a quella sensazione di calore, di leggerezza, a quel profumo inebriante. Guardava il suo corpo, quelle gambe lucide di ragazza appena diciottenne, i piedini che delicatamente emergevano da un manto di schiuma.

L’ambiente era appena rischiarato dalle candele. Fra le coccole che l’acqua donava alla sua schiena, e il senso di libertà e languore, Aliai batté le mani. Nella semioscurità, accorse Federico, nudo, a quattro zampe, porgendole un bicchiere di aranciata: lo bevve, e schiaffeggiò il ragazzo.

Lo stava fissando: un sorriso misto di diletto e cinismo, di onnipotenza e beffa, si accennava su quelle labbra delicate, contornate da lineamenti dolci, da un viso armonioso e tenero nel complesso, nonostante la dentatura appena fuoriuscente. Le uscì una risatina sguaiata.

Poi, col dito, fece cenno al ragazzo di alzarsi: si rivelò un corpo atletico, magro, tremolante dal freddo, col pene turgido, che emergeva da una selva di peluria. La mano della ragazza, dalle dita affusolate e dalle unghie tinte di rosa, afferrò lo scroto, stringendo forte. Federico si inginocchiò, fra spasmi e fitte di dolore, divincolandosi ed emettendo un gemito di supplica.

Aliai rideva, sempre più divertita: godeva, nel vedere quel ragazzo alla sua completa mercè e disposizione, nel realizzare che quel corpo, che era stato il sogno della sua adolescenza, era ora alla stregua di un giocattolo. Quando lo liberò dalla morsa, lo schiaffeggiò, sempre più eccitata.

“Leccami i piedi!” disse, perentoria.

Federico timidamente si approssimò al bordo della vasca. Iniziò a leccare quella bellezza della natura, partendo dal bordo del tallone, scivolando verso il mignolo, per poi proseguire con dei colpetti di lingua sotto le dita: quel delicato solletico faceva impazzire la ragazza, che rilassò di colpo i polpacci e le caviglie.

Federico suggeva con una soavità quasi femminile le dita una ad una, percorrendo ogni singolo centimetro di quella liscia pelle, di quelle unghie calde e levigate. Improvvisamente, la ragazza sollevò il piede, per poi sferrare un calcio al viso del ragazzo. Indietreggiò violentemente, sentendo una vampata infuocata percorrergli il volto, un vertigine disorientarlo: gli uscì il sangue dal naso.

Lei rideva di pancia, le mancava quasi il fiato: “Ahahahahah, forza! Che fai? Continua, stupido! Ahahahah”.

Continuò, con la testa che gli ronzava. Gli arrivarono altri due o tre calci, più lievi. Mentre leccava un piede, veniva colpito ininterrottamente con l’altro, e cercava di incassare i colpi senza cedere. Poi la ragazza gli imprigionò la testa con un piede dietro la nuca, e con l’altro iniziò a penetrare la sua bocca: il ragazzo iniziò ad emettere un mugolio affannato allo stesso ritmo del piede, che scompariva e riemergeva rapidamente dalla sua bocca.

Ora era prostrato sul tappetino, aspettando che la sua Venere emergesse dalle acque. Aliai sentì un brivido percorrerle la schiena: il suo corpo era percorso da ondate di vapore e di incenso caldo. Appoggiò i suoi piedi bagnati sulla schiena del ragazzo, fredda e contratta. Se li asciugò sui suoi capelli, poi gli diede uno schiaffo con il piede destro.

Federico iniziò ad asciugarla: sentiva le sue sinuosità scorrere sotto le sue mani, poteva ammirare quel corpo sodo, palpitante di libidine. I capelli, poi le spalle, i piccoli seni inturgiditi, le natiche, le cosce, fino ai piedi, che baciò delicatamente. Il suo pene era un fiume in piena, prossimo allo straripamento.

Aliai si abbandonò al calore delicato dell’asciugamano, che percorreva il suo corpo. Iniziò ad eccitarsi. Quella pace venne turbata dalla voglia di possedere il suo schiavo. Guardò il suo pene in erezione, lo schiaffeggiò violentemente. Poi gli diede una rapida e decisa ginocchiata sui testicoli. Lo vide accasciarsi ai suoi piedi, affannarsi. Iniziò a ridere, come posseduta da una forza irrefrenabile: quella della sua vanità e della sua arroganza. Come segno di vittoria, poggiò il piede sulla testa del ragazzo, schiacciandola.

Federico si sentiva ardere dentro: in preda al dolore, non riusciva a respirare. Scottava la sconfitta, la sopraffazione da parte di quella ragazza che aveva sempre guardato dall’alto in basso. Ma il suo orgoglio maschile nulla poteva contro l’eccitazione che da quella condizione gli derivava: sentirsi sotto il completo potere di una femmina.

“Che deficiente che sei! Idiota! Ihihihihihi! Che volevi fare con quel cosino, eh? Adesso ho capito perché Alysia ti abbia mollato! Ahahahahahah! Sei buono soltanto a leccare i piedi!”

Lo condusse ai piani inferiori: qui, una stanza, arredata in stile etnico. E una frusta per cavalli. Intorno, nessuno, loro due soltanto. Alla vista di quell’arnese, il ragazzo fu colto da terrore e scosso da tremiti: avrebbe voluto piangere, gettarsi ai piedi della sua carnefice e supplicarla. La ragazza colse nel suo sguardo il suo imploro, rispondendo con un sorrisino beffardo e carezzandolo in maniera provocatoria.

Era legato, sospeso. Le sferzate lo colpivano sulla schiena, sulla nuca, sulle chiappe. Ad ogni colpo, un grido di dolore intenso, uno spasmo, un segno sanguigno. Grida sempre più forti, disperate. Singhiozzi, pianti, suppliche spezzate da frustate violente. Aliai era sempre più concitata, la foga alimentata da ogni singolo tremito, ogni urlo, ogni contrazione. Sembrava una pizia invasata. Ogni goccia di sangue che rigava la schiena martoriata della sua vittima. Rideva sadicamente, frustava con sempre più veemenza.

Le gambe del povero ragazzo avevano ceduto, singhiozzava come un bambino. Aliai si stancò, gettando a terra la frusta: il suo rumore fece soprassalire Federico, atterrito. Si avvicinò, appoggiò sensualmente le sue mani sulle spalle, ed iniziò a graffiarlo, provocando un urlo disperato. Lo accarezzò sulla testa. Si appoggiò, esausta, a lui. Mordicchiandogli l’orecchio, gli sussurrò:

“Povero tesoro ihihihihi. Ormai sei mio! Non potrai pensare ad altre ragazze. Esisterò soltanto io nella tua vita, nelle tue fantasie. Scordati tutte quelle che te l’hanno data. Scordati Francesca, Alysia, Daniela! Questa sera mi scopo Alessandro, mmmm non trovi che sia proprio un gran picchio? Mmmmm…”

Lo stava percorrendo, con le sue mani soffici, facendolo decontrarre pian piano. La rabbia che le parole di lei suscitavano si trasformava in una eccitazione dirompente. Quella voce calda riecheggiava nella sua testa confusa, solleticava la sua libido. Sentiva i capelli di lei carezzargli il collo, le spalle, fino ai pettorali.

“….mmmmm! Mi raccomando, stasera, mentre sistemi la mia camera, pensa alla tua padrona che gode come una troia, mentre si scopa Alessandro. Ahahahaha…. Mmmm…”

Si stava masturbando. Poi fece succhiare il dito a Federico, allo strenuo delle forze. Lo liberò. E lui si accasciò a terra. Lo salutò con un calcio. “Ciao ciao tesoro ihihihihihi!”.

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