L’ulteriore “salto di qualità” il ragazzo lo fece quando la coppia iniziò a scambiarsi effusioni amorose in sua presenza: dai baci, alle carezze nelle parti intime, fino ad arrivare a denudarsi entrambi in mentre lui era in ginocchio al loro cospetto, costretto ad osservare immobile per ore. Oppure i padroni erano soliti lasciare il loro cagnolino accucciato fuori della porta della loro camera mentre avevano rapporti sessuali, in modo tale che potesse sentire i loro gemiti e grida di piacere.
Il cucciolotto era stato in seguito educato ad assistere direttamente ai loro rapporti, senza potersi nemmeno toccare:doveva rimanere con la faccia prossima ai loro piedi (che, alla fine della giornata, puzzavano parecchio) ad inalare la puzza e a beccarsi di tanto in tanto dei calci in faccia (intenzionali o dovuti alla foga); andava in estasi nell’inspirare quell’odore intenso ed acre, un mix fra l’odore della pelle tipico delle persone di colore, quello delle scarpe di cuoio della donna e quello delle scarpe da ginnastica dell’uomo. Alla fine doveva ripulire i loro sessi: doveva leccare via lo sperma dalla figa della padrona (che aveva delle grandi labbra scure) e, dopo aver vinto una riluttanza fortissima, anche il membro del padrone, che all’inizio sembrava non gradire molto . Dario si sentiva al sommo dell’eccitazione quando, alla fine, stava per ore intere inginocchiato ai piedi del loro letto, nudo, con il senso di costrizione e prostrazione che gli davano le catene legate ai suoi polsi, con le ginocchia doloranti, il sapore acido di sperma che riempiva la sua bocca, l’odore dei piedi e dei corpi dei due padroni (addormentati) che permeava le sue narici, fin quando alla fine non cedeva e crollava sul pavimento, addormentandosi anch’esso.
Una volta la sua padrona lo chiamò, e Dario entrò a quattro zampe nella loro stanza, trovandoli uno di fianco all’altro completamente nudi. Con un dito gli ordinò di accucciarsi. Gli fece cenno di avvicinarsi, poi lo prese per i capelli e lo avvicinò al cazzo moscio di Patrice: sembrava enorme anche così, e poteva percepirne l’odore nauseabondo.
“Faglielo venire duro!”
L’uomo, disgustato, disse:
“Amore, ma che schifo, me lo devo far prendere in bocca da questo schifoso?”
La donna iniziò ad accarezzarlo, a biaciarlo, dicendogli:
“Dai amore, fallo per me, vedrai che ti piacerà, fai finta che sia io a succhiartelo…mmm”
“Va bene, per stavolta, forza, frocetto, succhiamelo!”
Il ragazzo lo prese in bocca, vincendo un conato di vomito, ed iniziò a fare su e giu. Immediatamente ricevette uno schiaffone dalla padrona:
“Sei un buono a nulla, si fa così un pompino? Ti sembra che io glie lo ciucciavo così?”
Dopo aver spiegato allo schiavo il modo corretto per eseguire la fellatio, e dopo diversi ceffoni correttivi, il povero Dario continuò a succhiare avidamente quel grosso cazzo, al confronto del quale il suo era un moscerino. Sentiva le vene pulsare di piacere e il sapore della cappella riecheggiare nella sua cavità orale. Un misto di vergogna e di disgusto fecero arrossire il ragazzo, e pensò a quale sarebbe stata la pessima figura che avrebbe fatto se solo qualcuno lo avesse saputo.
Il membro dell’uomo, a contatto con la saliva calda, subitamente si indurì, ma per continuare a rimanere eccitato Patrice dovette concentrare intensamente l’attenzione sulle tette e sulla gnocca di sua moglie, iniziando a succhiare i suoi capezzoli. Sempre più eccitato, prese il ragazzo per i capelli ed iniziò a muovere la sua testa con violenza e ritmicamente, mentre Dario, sentendo il cazzo toccarli il palato e scivolare veementemente fino alla gola, iniziò a tossire. L’uomo stava per venire, ma l’intervento della donna allontanò la testa dello schiavetto: accarezzò il pene, che aveva dimensioni impressionanti, e, sentendo che era duro al punto giusto, diede due schiaffetti sulla guancia di Dario.
Da allora in poi ci fu un accordo fra i due coniugi: ciascuno avrebbe potuto usare il ragazzo per il sesso orale. E così il povero disgraziato venne costretto più volte ad eseguire cunnilingus alla padrona, mentre l’uomo lo usava ripetutamente per farsi fare pompini e irrumatio: al povero Dario non era concesso provare alcun piacere (spesso, nel vedere il suo membro eccitato, i padroni si divertivano a farglielo afflosciare con calci sui testicoli), se non, alla fine della giornata (e anche qui dipendeva dall’umore di Miriam) di potersi masturbare ai loro piedi, venire sulle loro scarpe e leccare poi il tutto; spesso però la sadica Miriam lo colpiva con calcetti sulle palle per rovinare il suo orgasmo.
Ormai era diventato un giocattolo sessuale, una troia pompinara, il suo orgoglio maschile era stato pressoché annientato: ma proprio per questo si sentiva ormai indissolubilmente legato a quella che sembrava essere diventata la sua seconda famiglia. Era completamente nelle loro mani.